Fondo di garanzia, crediti diversi dal TFR: presupposti per l’accesso

Il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto (TFR) istituito presso l’INPS dalla legge 297/1982, oltre a sostituirsi al datore di lavoro insolvente per il pagamento del TFR al lavoratore, offre a quest’ultimo tutela anche per i crediti di lavoro diversi dal TFR, secondo il disposto del  decreto legislativo 80/1992.

In tal caso, i presupposti per l’accesso al fondo di garanzia sono dettati dall’art. 2 D.Lgs. n. 80/92.

La norma tutela il pagamento dei crediti di lavoro diversi dal TFR purchè riguardino gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro “rientranti nei dodici mesi che precedono: a) la data del provvedimento che determina l’apertura di una delle procedure indicate nell’art. 1, comma 1; b) la data di inizio dell’esecuzione forzata; c) la data del provvedimento di messa in liquidazione o di cessazione dell’esercizio provvisorio ovvero dell’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio di impresa per i lavoratori che abbiano continuato a prestare attività lavorativa, ovvero la data di cessazione del rapporto di lavoro, se questa è intervenuta durante la continuazione dell’attività dell’impresa”.

L’interessante vicenda esaminata dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Vibo Valentia concerne la vicenda di una srl dichiarata insolvente ex d.lgs. n. 279/99 e contestualmente autorizzata all’esercizio provvisorio dell’attività di impresa, attività proseguita per poco più di un anno dalla pronuncia della sentenza.

Il ricorrente, che ha continuato a prestare attività lavorativa presso l’impresa, rassegnando le dimissioni pochi mesi prima della dichiarazione giudiziale di cessazione dell’attività di impresa, ha richiesto l’accesso alle prestazioni del fondo di garanzia, per garantirsi le ultime tre mensilità nei limiti delle ipotesi previste dall’art. 2 del d. lgvo 80/92.

La domanda del ricorrente, la cui posizione è formalmente inquadrabile nell’ipotesi di cui all’art. 2 comma c) del decreto legislativo 80/92, non avrebbe dovuto trovare accoglimento, atteso che le mensilità richieste non rientravano nel periodo temporale rigorosamente definito dalla fattispecie normativa.

Pure, il Giudice del Lavoro ritiene di dover disapplicare la norma interna, poiché in contrasto con la Direttiva CEE n. 987/80, stante la sua valenza diretta come principio di diritto, per come espresso altresì dalla Corte di Cassazione con la sentenza 1885/05.

La richiamata giurisprudenza propone un’interpretazione della norma interna conformemente al principio generale che ne costituisce il fondamento: il periodo di dodici mesi anteriori alla manifestazione dell’insolvenza va calcolato a partire da qualsiasi iniziativa giudiziaria promossa per ottenere la realizzazione del diritto di credito, ferma restando la necessità dell’insorgenza di uno degli eventi di cui all’art. 2 del decreto citato.

Ora, secondo il Giudice del Lavoro di Vibo Valentia, l’ipotesi indicata al comma c) dell’art. 2 non può trovare ingresso nel nostro ordinamento, poiché in contrasto con detto principio e con quanto indicato nella Direttiva.

La necessaria conseguenza è pertanto la disapplicazione dell’ipotesi di cui alla lettera c) dell’art. 2 del decreto 80/92, stante la pluralità delle decorrenze individuate, che scaturiscono altresì da eventi che possono anche non verificarsi durante le procedure concorsuali, vanificando in tal modo il principio di effettività della tutela garantita dalla Direttiva comunitaria.

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